disegno di Moebius |
Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò più la base su cui sorgere).
Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più.
Italo Calvino, Le città invisibili
Ho di questo libro un ricordo molto particolare e bello.
RispondiEliminaCorso di Filmologia all'università, fra i libri da leggere "Le città invisibili". Un viaggio immaginifico, dal quale dovetti trarre ispirazione per un disegno da portare agli esami. Ora non ricordo come mai il professore avesse scelto Calvino per inserirlo in un percorso sulla regia e la filmografia del Novecento.
Incuriosita dalla relazione che hai ricordato tra Calvino e il cinema, ho trovato un articolo sull'argomento ( qui) e una riflessione di Calvino sulla relazione tra espressione ( e fruizione )cinematografica e espressione ( e fruizione ) letteraria:
RispondiElimina"...dove passa il cinema non può più crescere un filo d’erba. Ancora tanti scrittori insistono nello scrivere romanzi in concorrenza con i film: e non raggiungono che risultati poetici minimi. Ambienti, personaggi, situazioni che il cinema ha fatto propri non possono più essere accostati dalla letteratura: come se fossero stati rosi all’interno dalle termiti, appena gli s‘avvicina la mano non ne resta che polvere.»
Wow, interessantissimo.
EliminaMi piace anche quella citazione. C'è bisogno che qualcuno restituisca onore al cinema, quello vero, perché sia ritenuto al pari della letteratura se non superiore ad essa.
Sembra che Calvino vedesse il cinema come “espressione poetica piuttosto che comunicazione” e che il suo linguaggio avrebbe dovuto dipendere non tanto dalla parola quanto dall'immagine. La grande valenza suggestiva dei film di Bresson, Tarkovkij, Bergman, Antonioni, Wenders che hanno dato rilevanza all'immagine, più che alla trama o ai dialoghi, sembra dargli ragione. :-)
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