domenica 7 maggio 2017

La fedeltà della tortora

Salomè e Giuditta, ma prima ancora Giuditta, sono tra i soggetti più rappresentati nella Storia dell'Arte; Dario Fo ne spiegò bene il motivo nel suo spettacolo su Caravaggio, in tempo di esecuzioni capitali le decapitazioni erano molto frequenti e avvenivano sulla pubblica piazza. Oggi a noi fa orrore, ma una testa mozzata (anche di un innocente, come capita con Salome) era qualcosa di tutt'altro che inconsueto da vedere.


Anche Antonio Vivaldi, nel 1716, sceglie Giuditta come soggetto. La sua "Giuditta trionfante" (Juditha triumphans, in latino), un oratorio, è scritta per le ragazze che studiavano musica all'Ospedale della Pietà, a Venezia; una Giuditta tutta al femminile, quindi anche Oloferne è interpretato da una voce femminile. Il dramma c'è, Vivaldi era uomo di teatro e sapeva dosare bene gli effetti, ma è tutto sublimato dalla musica, che è piacevolissima. "Juditha triumphans" scorre via veloce, in concerto quasi non ci si accorge del tempo che passa.

Ma, di tutto questo, oggi mi interessa portare in primo piano la tortora. Simbolo di fedeltà coniugale, la tortora è evocata da Giuditta nell'aria dal primo atto, in un colloquio con l'amica Abra.



Veni, veni, me sequere fida
Abra amata,
Sponso orbata.
Turtur gemo ac spiro in te.
Dirae sortis tu socia confida
Debellata
Sorte ingrata,
Sociam laetae habebis me.

Vieni, vieni, seguimi con fiducia, amata Abra, privata dello sposo. Come tortora gemo e lamento a te. Di sorte terribile tu sei compagna fidata, ma, quando sarà abbattuta la sorte ostile, mi avrai compagna di sorte lieta. (testo orginale latino di Jacopo Cassetti)

un clic sull'immagine per l'ascolto dell'aria



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