martedì 24 gennaio 2017

Un'ape in inverno


I am a bee out in the fields of winter
And though I memorized the slope of water,
Oblivion carries me on his shoulder:
Beyond the suns I speak and circuits shiver,
But though I shout the wisdom of the maps,
I am a salmon in the ring shape river.
(Larry Beckett & Tim Buckley, da "Starsailor", anno 1970)
io sono un'ape fuori nei campi, d'inverno; e so ricordare il declivio dove scorre l'acqua, ma l'oblio mi porta via sulle sue spalle...

Tra le più difficili da ascoltare, con probabile ispirazione nel Ligeti di "Odissea nello Spazio", è anche un'immagine del percorso di vita di Tim Buckley stesso: delicato e sensibile troubadour ai suoi inizi, non ancora diciottenne; poi bluesman introverso, spesso vicino al miglior jazz; poi vicino alla musica colta contemporanea (pur non essendo un musicista colto), infine sperduto come un'ape nel gelido inverno, alla ricerca di un fiore, perso nella musica commerciale senza saper fare musica commerciale, funk senza esserlo, destinato a una tragica fine.
La musica non è di primo ascolto, forse neanche di secondo; il testo di Larry Beckett (amico e compagno di scuola di Tim Buckley, autore di molti dei testi delle sue canzoni), a me sembra bellissimo. Anch'io mi sento così, sempre più spesso: un'ape d'inverno, un salmone in un fiume circolare... così è la nostra vita, o così sembra che sia, in certi momenti - senza punti di riferimento, in un mondo estraneo o impazzito.
Al di là dei soli io parlo e i circuiti si frantumano per il gelo, e benché io gridi la saggezza delle mappe, sono un salmone che nuota in un fiume fatto ad anello.

(chiedo scusa per la traduzione, è un testo difficile e so che si può fare di meglio - ma se non lo fa nessuno finisce che tocca a me farlo, e con risultati come questo)
(l'illustrazione qui sopra è del 1911, l'autore si chiama Artemas Ward; quella qui sotto è del 1792, l'autore si chiama Wilkes)

un clic qui per l'ascolto della canzone

2 commenti:

  1. Tim Buckley è uno di quei nomi che, pur conoscendolo da anni, non ho mai ascoltato (almeno consapevolmente). Anche il figlio Jeff ebbe molta popolarità, nei primi anni Novanta, ma anche lì, nonostante si parlasse ovunque dell'album "Grace" e il cantante fosse morto giovane in tragiche circostanze (come anche il padre, se non ricordo male), non ne provai la ben che minima curiosità. Magari, come mi è già successo altre volte in passato, una mattina mi sveglierò con una strana curiosità per i due Buckley e da lì mi degnerò finalmente di ascoltare qualche loro disco.

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  2. Tim Buckley cambia molto da un disco all'altro, difficile averne un'idea precisa partendo da un singolo ascolto. Questo brano è uno di quelli più difficili da ascoltare. Probabilmente ti piacerà Happysad, o magari Blue Afternoon, due lp dove si avvicina al jazz negli arrangiamenti. E' molto bello il live "Dream letter", che li precede di poco: qui siamo sul "troubadour". I primi dischi sono usciti quando era sui 17-19 anni, ma non si direbbe. Jeff è più rockettaro (praticamente non si sono conosciuti, si sono visti un paio di volte o forse tre...)

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