mercoledì 2 novembre 2016

Cani e sciacalli


All'inizio dell'era neolitica compare il primo animale domestico, un piccolo cane addomesticato solo a metà, simile a un volpino, che certamente discende da uno sciacallo. (...) Ma come è avvenuto l'incontro fra l'uomo dell'età della pietra e il suo cane? Probabilmente nell'era paleolitica grossi branchi di sciacalli seguivano le orde dei cacciatori nomadi circondandone gli insediamenti, come fanno ancor oggi i "cani paria" che nessuno sa se vadano considerati dei cani domestici rinselvatichiti, oppure dei cani selvatici che hanno fatto il primo passo verso l'addomesticamento. (...)


Di tutti i cani che ho conosciuto finora, i più fedeli sono quelli nelle cui vene, accanto al sangue dello sciacallo (Canis aureus) scorre anche una buona porzione di sangue di lupo. Il lupo nordico (Canis lupus) si è potuto addomesticare solo attraverso l'incrocio con lo sciacallo. Nonostante la diffusa opinione che il lupo costituisca una componente importante nella linea ancestrale di tutte le grandi razze canine, le ricerche di etologia comparata hanno messo in luce che in tutte le razze canine europee, ivi comprese quelle più grosse come alani e cani da pastore, scorre puro sangue di sciacallo, al massimo mescolato con poche gocce di sangue di lupo. (...)
Konrad Lorenz, da "L'anello di Re Salomone" pag.177 ed. Adelphi, traduzione di Laura Schwarz.



Eravamo attendati nell'oasi. I viaggiatori dormivano. Un arabo, alto e candido, mi passò davanti: aveva governato i cammelli e andava a dormire. Mi gettai supino sull'erba. Volevo dormire e non potevo, uno sciacallo ululava lontano, m'alzai a sedere. Prima lontano, l'animale fu d'un tratto vicinissimo. Intorno a me, un brulicare di sciacalli; occhi d'oro matto che brillavano e si spegnevano; corpi svelti che si muovevano con agilità e regolarità, come sotto una frusta. Uno sciacallo m'arrivò alle spalle, mi passò sotto un braccio e mi si strinse addosso, come se avesse bisogno del mio calore. Poi mi si mise davanti e disse, con gli occhi quasi nei miei occhi: « Io sono lo sciacallo più anziano del Paese. Sono contento di poterti ancora salutare. Quasi non ci speravo più, è un'eternità che ti aspettiamo (...)
Franz Kafka, Sciacalli e arabi, l'inizio (pag. 139 dei Racconti, ed. Feltrinelli 1974, trad. Giorgio Zampa).

(le immagini degli sciacalli vengono da Wikipedia:
quanti cani vostri e dei vicini avete riconosciuto?)

4 commenti:

  1. Incantevole il modo di Kafka di riscattare il "paria" per antonomasia, lo sciacallo. Ogni animale ha la sua dignità...e la sua funzione.
    Aggiungo una poesia di Montale tratta da Occasioni.



    La speranza di pure rivederti
    m’abbandonava;

    e mi chiesi se questo che mi chiude
    ogni senso di te, schermo d’immagini,
    ha i segni della morte o dal passato
    è in esso, ma distorto e fatto labile,
    un tuo barbaglio:

    (a Modena, tra i portici,
    un servo gallonato trascinava
    due sciacalli al guinzaglio).

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  2. in Kafka, gli sciacalli parlano malissimo degli arabi al protagonista e gli offrono la possibilità di eliminarli; ma poi gli arabi ridono di queste minacce, sanno già tutta la storia e sanno cosa dicono gli sciacalli. E' con ogni evidenza un sogno trascritto e rielaborato, ha l'assurdità e la potenza dei sogni. Si sente bene Il Castello, dentro a questo dialogo.
    La poesia di Montale non la conoscevo...
    :-)

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  3. Montale in un suo scritto ( pubblicato sul "Corriere della sera" il 16 febbraio 1950 )chiarisce l'occasione in cui è nata la poesia

    Un pomeriggio d’estate Montale si trovava a Modena e passeggiava sotto i portici. "...stupiva che la vita gli presentasse come dipinte o riflettesse su uno schermo tante distrazioni. Era un giorno troppo gaio per un uomo non gaio. Ed ecco apparire (...) un vecchio in divisa gallonata che trascinava con una catenella due riluttanti cuccioli color sciampagna, due cagniuoli che a una prima occhiata non parevano né lupetti, né bassotti, né volpini. Mirco si avvicinò al vecchio e gli chiese: "Che cani sono questi?" E il vecchio secco e orgoglioso: "Non sono cani, sono siacalli".
    Clizia amava gli animali buffi. Come si sarebbe divertita a vederli! Pensò Mirco. E da quel giorno non lesse il nome di Modena senza associare quella città all’idea di Clizia e dei due sciacalli. Strana, persistente idea. Che le due bestiole fossero inviate da lei, quasi per emanazione? Che fossero un emblema, una citazione occulta, un senhal? O forse erano solo un’allucinazione, i segni premonitori della sua decadenza, della sua fine?

    Fatti consimili si ripeterono spesso; non apparvero più sciacalli ma altri strani prodotti della boîte à surprise della vita: cani barboni, scimmie, civette sul trespolo, menestrelli, ... E sempre sul vivo della piaga scendeva il lenimento di un balsamo. Una sera Mirco si trovò alcuni versi in testa, prese una matita e un biglietto del tranvai e scrisse queste righe: "La speranza di pure rivederti – m’abbandonava; – e mi chiesi se questo che mi chiude – ogni senso di te, schermo d’immagini, – ha i segni della morte o dal passato – è in esso, ma distorto e fatto labile, – un tuo barbaglio."

    S’arrestò, cancellò il punto fermo e lo sostituì con due punti perché sentiva che occorreva un esempio che fosse anche una conclusione. E terminò così: "(a Modena fra i portici, – un servo gallonato trascinava – due sciacalli al guinzaglio)". Dove la parentesi voleva isolare l’esempio e suggerire un tono di voce diverso, lo stupore di un ricordi intimo e lontano. (...)

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  4. Questo libro non lo conosco, ma ho il volume con le recensioni d'opera, "Montale alla Scala" (scriveva sul Corriere d'Informazione, filiazione pomeridiana del Corriere della Sera: c'erano ancora i quotidiani che uscivano nel pomeriggio. Iene e sciacalli sono diventati due insulti, così come avvoltoio, ma l'animale in sé non ha colpa, e anzi le iene sono cacciatrici. Lorenz non ne parla perché quando scriveva certi cani non erano di moda, ma credo proprio che i pitbull abbiano un po' del dna delle iene (quella mascella!). Bisognerebbe chiedere ai genetisti che oggi lo sanno per certo, ma già da Linneo e da Darwin sappiamo che se due specie si incrociano significa che sono molto simili; e se i figli di due specie diverse sono fertili, significa che si tratta della stessa specie. Non è l'aspetto esteriore che conta: e vale anche per noi umani.

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