Amelie Nothomb |
La salvezza appartiene al campo del più bizzarro mistero. Il 21 dicembre 2011 ho ricevuto in regalo un bonsai di raffinata bellezza. L'ho portato nel mio appartamento e l'ho battezzato Swift. Due settimane dopo Swift ha cominciato a morire. Sono corsa dalla venditrice autoproclamatasi specialista di quella specie che mi ha detto:
- Il suo bonsai è agonizzante.
- Lo so. Cosa mi consiglia?
- Niente.
- Ma ci sarà pure qualcosa che si può fare!
- Contro la morte?
- Non è ancora morto. Finchè c'è vita, c'è speranza.
Lei alzò gli occhi al cielo.
- Queste scemenze non valgono per i bonsai. Fin dall'infanzia ha vissuto torture che lei non può neanche immaginare. Non ci tiene più a vivere, capisce...
Mi resi conto che la venditrice era una depressa che attribuiva le proprie patologie alle sue piante, e me ne andai.
Per la strada, passai davanti a un cinema in cui davano Hugo Cabret di Scorsese.L'orario era quello giusto. Acquistai un biglietto e aspettai in fila con Swift in braccio. La gente mi guardava e scuoteva la testa. Venuto il momento, mi accomodai in sala. Swift, sulle mie ginocchia, sembrava sul punto di esalare l'ultimo respiro. Osavo appena immaginare i tormenti che gli erano stati inflitti durante la crescita per ridurlo alla condizione di bonsai. Il fatto di apprezzare questa specie torturata la dice lunga sul nostro grado di sadismo.
Cominciò il film. La prima metà mi piacque poco ed ebbi quasi la tentazione di addormentarmi. Al cinema si dorme molto meglio che a letto: è un sonno cosciente. Ma la seconda parte mi entusiasmò da matti e fui svegliata in preda a emozioni lunari. La figura di Méliès mi riconciliò con la conquista dello spazio e uscii dalla sala esultante. Tra le mie braccia Swift manteneva un silenzio meditativo.
Una volta a casa depositai la mia pianta di compagnia accanto alla caffettiera e continuai la mia vita. L'indomani il bonsai era resuscitato. Solo che non è più un bonsai. Ne ha sempre il corpo gracile, ma ormai produce delle foglie grandi come quelle di un baobab. Scorsese lo ha lberato dal maleficio della piccolezza.
Amelie Nothomb, La nostalgia felice, ed. Voland
Méliès, L'homme à la tête en cahoutchouc (Star Film, 1901) |
un paio di anni fa hanno regalato un bonsai a mia mamma. Lo vedo male, ho pensato subito: non c'era mai stato un bonsai in casa, e so che vanno curati molto. Mia mamma tiene bene le sue piante, ma con il bonsai non c'è stato niente da fare. Eh sì, sono piante che soffrono molto. Ma qui è arrivato in soccorso Georges Méliès: consiglio a tutti di cercare su youtube, ci sono ancora molti dei suoi film che si vedono con grande divertimento, anche dopo 110 o 120 anni.
RispondiEliminaSe solo l'avessi portato a cinema!:-)
RispondiEliminaLascio qui il link a uno dei video di Méliès :-)
in effetti, era di fianco al televisore... forse bastava metterlo davanti? io i film di Méliès li ho, ho anche il film con Ben Kingsley. A saperlo prima, ci avrei provato.
RispondiEliminadi fianco al televisore? Povero bonsai! Si è consumato per il desiderio di vedere ciò che riusciva solo ad ascoltare.
RispondiElimina:-)