Marco colpisce il piatto con un
coltello.
TITO: A cosa dai colpi, Marco, con il
tuo coltello?
MARCO: A ciò che ho ucciso, mio
signore: una mosca.
TITO: Maledizione, assassino! tu uccidi
il mio cuore. I miei occhi sono sazi di spettacoli di violenza: un
atto di morte commesso sugli innocenti non si addice al fratello di
Tito. Vattene, vedo che non sei fatto per la mia compagnia.
MARCO: Ahimè, mio signore, ho ucciso
solo una mosca.
TITO: «Solo?» e se quella mosca aveva
un padre e una madre? Come stenderà le fragili ali dorate
ronzando per l'aria lamentosi fatti?
Povera mosca innocente, con la graziosa melodia del suo ronzio era
venuta qui a rallegrarci, e tu l’hai uccisa.
MARCO: Perdonami, signore: era una
brutta mosca nera come il Moro dell'imperatrice, e perciò l'ho
uccisa.
TITO: Oh! Oh! Oh! Perdonami allora per
averti rimproverato, perché hai fatto un atto misericordioso. Dammi
il coltello, infierirò su di lei illudendomi che sia il Moro venuto
qui apposta per avvelenarmi. Questo è per te, e questo è per
Tamora. Ah, marrano! Ma spero che non siamo caduti così in basso da
non poter uccidere, insieme, una mosca che ci viene davanti a
somiglianza d’un Moro nero come il carbone.
MARCO: Ahimè, pover’uomo! il dolore
l'ha così sconvolto che prende ombre false per sostanze vere.
TITO: Su, sparecchiate. Lavinia,
accompagnami; verrò nella tua stanza a leggere con te tristi storie
accadute in tempi passati. Vieni con me, ragazzo: la tua vista è
giovane, leggerai tu quando la mia comincerà ad annebbiarsi.
Escono.
(William Shakespeare, Tito Andronico,
finale atto terzo, traduzione di Alessandro Serpieri, ed. Garzanti
1989)
Quando ho letto per la prima volta Tito
Andronico, tanti anni fa, ho trovato questa pagina e non credevo ai miei occhi.
Possibile che Shakespeare abbia scritto questa cosa? Oltretutto,
Tito Andronico è un dramma di una crudeltà inaudita, con torture,
mutilazioni, stragi, violenze; in questo contesto, trovare qualcuno che si commuove per una mosca (sia pure per pochi istanti) è davvero singolare. Mi sono tenuto le mie perplessità per
anni, pensando che si tratta di un dramma giovanile e che i
manoscritti di Shakespeare sono, come insegnano gli esperti, pieni di
inserti e di improvvisazioni degli attori. Poi mi è capitato di
vedere questa scena interpretata da Anthony Hopkins, nel film del
1999, e ho capito che a un grande interprete è possibile rendere
alla grande anche pagine come questa. La regista Julie Taymor si
prende qualche libertà e fa interpretare la parte che qui spetta a
Marco (un adulto) a un bambino, nipote di Tito. Così, la faccenda
della mosca diventa un affare tra nonno e nipote e tutto riesce a
diventare credibile (francamente, io pensavo che l'avrebbero
tagliata).
Il Moro, per chi
non conoscesse la tragedia, è un personaggio importante. Un cattivo
a tutto tondo, ma il suo discorso sulla sua provenienza è memorabile
e anticipa Shylock (Il Mercante di Venezia).
PS: non ho trovato on line il momento esatto del film con Hopkins, per questo motivo il fotogramma qui sopra è tratto da "Mystery train" di Jim Jarmusch (notare il fermacarte in mezzo alla scrivania)
PS: non ho trovato on line il momento esatto del film con Hopkins, per questo motivo il fotogramma qui sopra è tratto da "Mystery train" di Jim Jarmusch (notare il fermacarte in mezzo alla scrivania)
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