domenica 2 aprile 2017

I gatti di Mahler

Siamo a Steinbach, in Austria, al tempo della composizione della Terza Sinfonia, nel 1896. 

(...) a Steinbach trovai Mahler disponibile come non lo avevo ancora mai visto. Qui, in mezzo alla natura, non disturbato dalle noie del Teatro dell'Opera di Vienna, concentrato solo sui suoi pensieri e sulle sue creazioni, si sentiva libero (...). Sul prato, tra il lago e la locanda in cui aveva preso alloggio, aveva fatto alzare quattro pareti e un tetto, per formare una stanza. In questa "casetta per comporre", fittamente rivestita di edera, il cui mobilio consisteva in un pianoforte, un tavolo, una sedia e un divano, e la cui porta, aprendosi, scrollava giù dall'edera innumerevoli maggiolini su chi entrava, passava le sue mattine, per lavorare non disturbato dai rumori della casa e della strada. (...) Vero piacere gli procuravano alcuni gattini e non si saziava mai di osservare il loro comportamento. Nelle passeggiate più brevi li portava con sè nelle tasche grandi della giacca, per divertirsi durante le soste con la loro presenza sempre interessante; le bestiole erano così abituate a lui che perfino il giocare a nascondersi veniva premiato da un pieno successo, della quale cosa non era meno orgoglioso. Era affezionato di cuore a tutte le altre creature: cani, gatti, uccelli; gli animali del bosco lo divertivano e destavano allo stesso tempo il suo più serio interesse. (...) Mi raccontava di non essere capace di dimenticare una volta quando, di notte in campagna, lo aveva colpito dolorosamente il muggito profondo e prolungato dei buoi, come una voce della natura proveniente dall'animo sordo dell'animale.
(Bruno Walter, "Gustav Mahler"; pagine 55-56 edizione Studio Tesi 1981, traduzione Piera Di Segni)



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