(...) a Steinbach trovai Mahler
disponibile come non lo avevo ancora mai visto. Qui, in mezzo alla
natura, non disturbato dalle noie del Teatro dell'Opera di Vienna,
concentrato solo sui suoi pensieri e sulle sue creazioni, si sentiva
libero (...). Sul prato, tra il lago e la locanda in cui aveva preso
alloggio, aveva fatto alzare quattro pareti e un tetto, per formare
una stanza. In questa "casetta per comporre", fittamente
rivestita di edera, il cui mobilio consisteva in un pianoforte, un
tavolo, una sedia e un divano, e la cui porta, aprendosi, scrollava
giù dall'edera innumerevoli maggiolini su chi entrava, passava le
sue mattine, per lavorare non disturbato dai rumori della casa e
della strada. (...) Vero piacere gli procuravano alcuni gattini e non
si saziava mai di osservare il loro comportamento. Nelle passeggiate
più brevi li portava con sè nelle tasche grandi della giacca, per
divertirsi durante le soste con la loro presenza sempre interessante;
le bestiole erano così abituate a lui che perfino il giocare a
nascondersi veniva premiato da un pieno successo, della quale cosa
non era meno orgoglioso. Era affezionato di cuore a tutte le altre
creature: cani, gatti, uccelli; gli animali del bosco lo divertivano
e destavano allo stesso tempo il suo più serio interesse. (...) Mi
raccontava di non essere capace di dimenticare una volta quando, di
notte in campagna, lo aveva colpito dolorosamente il muggito profondo
e prolungato dei buoi, come una voce della natura proveniente
dall'animo sordo dell'animale.
(Bruno Walter, "Gustav Mahler";
pagine 55-56 edizione Studio Tesi 1981, traduzione Piera Di Segni)
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