...Ma nulla la città odia quanto il
verde, le piante, il respiro degli alberi e dei fiori.
(Dino Buzzati, Il tiranno malato,
numero 46 dei "Sessanta racconti")
Le palme e i banani in Piazza del Duomo
a Milano, qualsiasi cosa se ne pensi, dimostrano con certezza una
cosa sola: che per gli architetti e per gli urbanisti gli alberi sono
solo elementi d'arredo. Un albero vale un lampione, nei rendering
degli architetti e degli esperti di arredo urbano: un lampione, una
fioriera, un portaombrelli, un tavolo, un armadio, una poltrona. Lo
prendi di qui e lo sposti di là, e quando sei stufo lo butti via e
ci metti qualcos'altro. E' il destino di una generazione (anche più
di una, ormai) che non è abituata a vedere la linea dell'orizzonte.
L'orizzonte, e ormai non solo a Milano ma anche nei paesi più
distanti, è il palazzo davanti. O quello di fianco, o quello che
trovi appena svoltato l'angolo; si comincia così da bambini e poi si
trova naturale tutto questo, ma la scomparsa dell'orizzonte non è
una cosa naturale, è il risultato di una modificazione profonda e
artificiale. Vale anche per gli olivi centenari espiantati per il
gasdotto in Puglia, per la Tav in Val di Susa, per tante altre cose
ancora. Si perde anche il significato delle parole: "olivo
centenario" significa che ci ha messo cento anni per diventare
così, o magari anche di più di cento anni; invece, da come lo
dicono, sembra che sia solo un pezzo d'arredo come un altro. Lo
prendi di qui, lo sposti di là, "poi si abituano e smettono di
rompere" (eh sì, è il modo più veloce per far tacere chi non
è d'accordo, dare del "polemico", o peggio, a chi muove
anche solo una piccola obiezione...).
(foto di Arthur Prentiss, 1915)
Il racconto successivo, nel libro di
Buzzati, si intitola "Il problema dei parcheggi": viene
proprio da pensare che li abbia messi in sequenza lui uno per uno,
questi racconti, e non un editor qualsiasi. Buzzati sapeva e vedeva,
anche perchè era cresciuto fra le montagne, a Belluno. A Milano,
nell'orizzonte di cemento, ci abitava e ci lavorava soltanto.
Buzzati, un altro cuore d'artista disorientato da Mailand. Viva gli Alberi! E viva le persone polemiche, quando si tratta di difenderli!! :)
RispondiEliminail Duomo non è più il simbolo di Milano: dall'expo in poi il simbolo di Milano sono i grattacieli. E' così un po' dappertutto, dai souvenir alla pagina diwikipedia. Il che mi ricorda un altro disegno famoso di Buzzati, il Duomo con le guglie come le Dolomiti... (e oggi, con quei grattacieli, cosa propone l'immaginario: Chicago, Manhattan, Dubai, Kuwait City?)
RispondiEliminaIo quelli che tagliano gli alberi li odio proprio, e naturalmente amo Buzzati. Ci avessero messo delle palme di plastica non se ne sarebbe accorto nessuno.
RispondiEliminaQuelli della foto che ho messo qui quantomeno hanno fatto fatica... (e tanta). Il problema non è tanto tagliare, quanto sapere cosa si sta facendo. Ha avuto molto successo, per esempio, il "bosco verticale" (grattacielo con giardini) ma lì sotto doveva sorgere un parco vero, e invece è stato tutto "grattacielizzato". Mi piacerebbe tanto che qualcuno andasse a intervistare le persone che abitavano lì prima del grattacielo, a Milano; ma sono state cancellate, penso che siano finite sotto qualche schiacciasassi. Si usa, con chi esprime una minima obiezione.
RispondiEliminaPalme di plastica? Sì, è vero, tanto più che si tratta soltanto di un'operazione pubblicitaria: riuscita, perché del caffè lungo americano poi si è parlato tanto. Ci sono cascati quasi tutti.
questa foto è terrificante.
RispondiEliminasì, ma è una foto di cent'anni fa: 1915. Per tagliare quella pianta è stata necessaria una grande fatica fisica, e almeno una settimana di tempo. Oggi per tagliare una pianta così, e per far dimenticare persino che sia esistita, basta e avanza mezza giornata. Il che è ancora più terrificante, ne chiedo scusa ma ogni tanto bisogna pur ricordarlo...
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