(...) quando Elizabeth Vrba passò ad
analizzare le ossa dei bovidi trovò che predominavano animali troppo
imponenti, come il bubalo, perché un leopardo potesse affrontarli.
Doveva essere in azione qualche altro carnivoro più poderoso. Quale?
I candidati principali sono tre, ora
tutti estinti, e tutti hanno lasciato i loro fossili nella valle di
Sterkfontein;
a. Le iene cacciatrici a zampe lunghe
(Hyenictis e Euryboas)_
b. I macherodonti, o felini dai denti a
sciabola.
c. Il genere Dinofelis, il "falso
dente a sciabola".
I macherodonti avevano muscoli del
collo enormi e facevano balzi poderosi; sulle mascelle superiori
avevano canini affilati come falci, con il taglio seghettato, che
conficcavano nel collo della preda con un colpo all'ingiù. Erano
soprattutto adatti ad abbattere grandi erbivori. I loro denti
taglienti erano più efficienti di quelli di ogni altro carnivoro,
però avevano le mascelle inferiori deboli: così deboli che non
riuscivano a finire uno scheletro. Una volta Griff Ewer ipotizzò che
i molari della iena, capaci di spezzare le ossa, si fossero evoluti
come risposta alle carogne non mangiate che i macherodonti si
lasciavano in abbondanza alle spalle.
Ovviamente le caverne della valle di
Sterkfontein furono occupate, in un lunghissimo arco di tempo, da
varie specie di carnivori. Brain pensò che a portare la una parte
delle ossa, soprattutto quelle delle antilopi più grandi, potessero
esser stati i macherodonti e le iene, che lavoravano in coppia.
Inoltre, responsabili di aver portato nelle caverne alcuni ominidi
potevano essere le iene cacciatrici.
Ma veniamo alla terza alternativa. Il
Dinofelis era un felino meno agile di un leopardo o di un ghepardo,
ma di corporatura molto più robusta. Aveva denti diritti, micidiali
come pugnali, dalla forma a metà tra quelli del macherodonte e
quelli, poniamo, della tigre moderna. La mandibola si chiudeva con
uno scatto possente. Data la sua mole, doveva probabilmente andare a
caccia di
soppiatto, e quindi di notte. Forse era
maculato, o a strisce. Oppure era nero, come una pantera.
Le sue ossa sono state rinvenute dal
Transvaal all'Etiopia: cioè l'ambiente originario dell'uomo.
Nella Stanza Rossa ho tenuto in mano
proprio un cranio fossile di Dinofelis; un esemplare perfetto,
ricoperto di una patina color melassa. Mi misi ad articolare la
mandibola, e mentre la chiudevo mi proposi di guardare dritto tra le
zanne. Il cranio fa parte di uno dei tre scheletri completi di
Dinofelis - un maschio, una femmina e un 'cucciolo' - che negli anni
1947-48 furono trovati fossilizzati alla Bolt’s Farm, poco lontano
da Swartkrans, insieme a otto babbuini e nessun altro animale.
H.B.S. Cook, colui che li trovò,
ipotizzò che, andando a caccia di babbuini, tutta la 'famiglia' di
Dinofelis fosse caduta in qualche voragine naturale, e lì fosse
morta. Che strana fine! Non più strana però delle domande che
ancora restavano senza risposta: perché in quelle caverne c'erano
tanti babbuini e tanti ominidi? E perché così poche antilopi e
altre specie?
Brain vagliò con la consueta cautela
ogni possibilità, e nei paragrafi conclusivi di "The Hunters or
the Hunted?" avanzò sperimentalmente due ipotesi complementari.
Forse gli ominidi non erano stati trascinati nella caverna: forse ci
avevano abitato con il loro assassino. Sul monte Suswa, un vulcano
inattivo del Kenya, ci sono lunghe gallerie di lava in fondo alle
quali vivono i leopardi, mentre di notte schiere di babbuini si
rifugiano all’entrata. I leopardi dispongono così di una dispensa
vivente sulla porta di casa.
Nel Transvaal le notti invernali sono
fredde: così fredde che nell'Alto Veldt il numero dei babbuini è
limitato dal numero di caverne o ripari utilizzabili per dormire.
All'epoca della prima glaciazione del Nord le notti di gelo saranno
state un centinaio. Immaginiamo adesso il robustus in un clima
freddo: un migratore che d'estate si spostava sugli altipiani e
d'inverno si rifugiava nelle valli; senza difesa fuorché la forza
bruta; senza fuoco; senza calore fuorché quello dei corpi stretti
gli uni agli altri; incapace di vedere al buio e costretto tuttavia a
dividere l'alloggio con un felino dagli occhi scintillanti che di
tanto in tanto veniva a ghermire una preda isolata.
La seconda ipotesi introduce un'idea
che fa venire le vertigini. E' possibile, si domanda Brain, che il
Dinofelis fosse un predatore specializzato in primati? «Due mascelle
robuste - scrive - e una sviluppata componente della dentatura
avrebbero consentito al Dinofelis di mangiare tutto lo scheletro di
un primate, escluso il cranio. L’ipotesi che il Dinofelis fosse uno
specifico uccisore
di primati è convincente».
Possibile, e la domanda che si e tentati di fare, che il Dinofelis fosse la Nostra Bestia? Una Bestia distinta da tutte le altre incarnazioni dell'Inferno? Il Nemico per eccellenza, che ovunque andassimo ci faceva, furtivamente e scaltramente, la posta? Ma sul quale, alla fine, avemmo il sopravvento?
Possibile, e la domanda che si e tentati di fare, che il Dinofelis fosse la Nostra Bestia? Una Bestia distinta da tutte le altre incarnazioni dell'Inferno? Il Nemico per eccellenza, che ovunque andassimo ci faceva, furtivamente e scaltramente, la posta? Ma sul quale, alla fine, avemmo il sopravvento?
Coleridge una volta scrisse su un
taccuino: «Il Principe delle Tenebre è un gentiluomo». Ciò che è
così seducente in un predatore specializzato è l’idea
dell'intimità con la Bestia! E infatti, se in origine ci fu una
Bestia particolare, non è forse plausibile che volessimo esercitare
su di lei la stessa malia che essa esercitava su di noi? Non avremmo
forse voluto stregarla, come gli angeli stregarono i leoni nella
cella di Daniele?
I serpenti, gli scorpioni e le altre
minacciose creature della savana - le quali, a parte la loro realtà
zoologica, hanno avuto una seconda vita negli Inferni dei Mistici -
non avrebbero mai potuto minacciare, in quanto tali, la nostra
esistenza né postulare la fine del nostro mondo. Un assassino
specializzato, invece, avrebbe potuto; ecco perché, per quanto vaghe
siano le prove, dobbiamo prenderlo sul serio.
Il merito di Bob Brain, a mio parere -
sia che ammettiamo l'esistenza di un solo grande felino, di numerosi
felini, o di orrori quali la iena cacciatrice - è di aver rimesso in
auge un personaggio la cui presenza dalla fine del Medioevo si è
fatta sempre più sfocata: il Principe delle Tenebre in tutto il suo
sinistro splendore. Senza sconfinare dal rigore scientifico (come io
ho indubbiamente fatto), Brain ha svelato i particolari di una
vittoria formidabile, una vittoria della quale possiamo ancora farci
forti, allorché l'uomo, nel divenire uomo, ebbe il sopravvento sulle
forze distruttrici. Infatti, nei livelli superiori di Swartkrans e
Sterkfontein c'è improvvisamente l'uomo. Ora il predominio è suo, e
i predatori non sono più accanto a lui. (...)
Bruce Chatwin, Le vie dei canti,
pag.266-268 traduzione di Silvia Gariglio, ed.Adelphi 1991
(Elisabeth Vrba è l'assistente di Bob
Brain)
(disegni di Zdenek Burian e di Alfred Kubin)
Nessun commento:
Posta un commento