venerdì 27 marzo 2020

Indugiante bellezza


dipinto di Camille Corot

 Lontano, sì senti il richiamo del cuculo; un colombo selvatico stava tubando sull’olmo più vicino al campo, e come erano spuntate le margherite e i ranuncoli dopo l’ultimo falciatura! Inoltre, il vento aveva preso a soffiare verso sud-ovest ... un’aria deliziosa, piena di vita! Spinse all’indietro il cappello e lasciò che il sole gli cadesse sul mento e le guance. In un modo o nell’altro, oggi, voleva  compagnia… voleva un volto grazioso da guardare. La gente trattava i vecchi come se non volessero nulla. E con la filosofia non forsytiana che sempre si intrufolava nella sua anima, pensò : “ Non se ne ha mai abbastanza! Con un piede nella tomba si vorrà ancora qualcosa, non ne sarei sorpreso!“. Quaggiù… Lontano da da impegni d’affari, i nipoti, e i fiori, gli alberi, gli uccelli del suo piccolo dominio, per tacere del sole, della luna e delle stelle su di loro, mi dicevano, giorno e notte, “Apriti, sesamo”. Il sesamo si era aperto… Quanto, forse, non sapeva. E non sempre stato sensibile a ciò che adesso si cominciava a chiamare “ Natura”, sensibile in modo genuino, quasi religioso, sebbene non avesse mai perso l’abitudine di chiamare tramonto un tramonto di questi giorni meravigliosi il semplice amore di tutto ciò gli causava un po’ di dolore, sentendo forse, giù nel profondo, che non ne avrebbe goduto molto a lungo. Il pensiero che un giorno di questi… forse tra meno di dieci anni, forse neanche tra cinque, tutto questo mondo gli sarebbe portato via,  prima che avesse esaurito la capacità di goderne, gli appariva come un' ingiustizia che incombee panorama un panorama, per quanto profondamente potessero commuoverlo. Ma adesso la Natura gli faceva male, tanto l'ammirava. In ognuno di questi giorni calmi, splendenti, lunghi, con la mano di Holly nella sua, e il cane Balthazar davanti a cercare zelantemente qualcosa che non trovava mai, egli avrebbe passeggiato sostando a guardare le rose che si aprivano, i frutti che crescevano sulle spalliere, la luce del sole che faceva brillare le foglie della quercia e gli alberelli del boschetto, le  foglie delle ninfee aprirsi splendenti, e l'argenteo colore del grano novello nel campo; ascoltando gli storni e le allodole, e le mucche Alderney che ruminavano, agitando lentamente la coda a ciuffo; e in ognuno va all’orizzonte. Se vi era qualcosa dopo questa vita, non sarebbe stato ciò che voleva; non Robin Hill, e i fiori e e gli uccelli e i visi graziosi… troppo pochi, anche adesso, di chi gli stava intorno! Con gli anni la sua antipatia per gli inganni era aumentata; il conformismo che aveva sopportato negli anni Sessanta come aveva sopportato le lunghe basette per semplice esuberanza, se ne era andato da tempo, lasciandolo rispettoso  di tre cose soltanto…  la bellezza, la rettitudine e il senso della proprietà; e di queste la più importante era la bellezza. Aveva sempre avuto ampi interessi, e, invero, poteva ancora leggere il Times sebbene fosse capace in ogni momento di posarlo se sentiva cantare un merlo. La rettitudine… la proprietà,  in un modo o nell’altro,  erano stancanti; i merli e tramonti non lo stancavano mai, solo che gli davano la sgradevole sensazione di non poterne godere abbastanza. Guardando intensamente il silenzioso fulgore del tardo pomeriggio e tutti piccoli fiori dorati e bianchi sul prato, pensò: “Questo tempo era come la musica dell'Orfeo, che aveva ascoltato recentemente al Covent Garden, un 'opera bella, non come Meyerbeer, neanche esattamente come Mozart, ma, nel suo genere, forse ancora più armoniosa; qualcosa di classico e della sua "Epoca d'oro", casta e dolce, e la Ravogli "quasi degna del tempo passato"… La lode più alta che poteva immaginare. Il desiderio struggente di Orfeo per la bellezza perduta, per il suo amore che scendeva nell'Ade, come nella vita facevano l'amore e la bellezza...il desiderio struggente che cantava e palpitava in quella musica d'oro, fremeva anche nell'indugiante bellezza del mondo quella sera.

John Galsworthy, Quattro interludi
Ed. Robin

nota:
 penso che John Galsworthy si riferisca all'opera di Gluck e non a quella di Lully o di Monteverdi. ( qui )

8 commenti:

  1. Il dipinto di Corot va alla grande. In una settimana, è il terzo articolo che lo mette in copertina (il primo qui: https://bagatelle.blog/2020/03/21/orfeo-in-ade-1/). Io stessa l'avevo utilizzato agli inizi della mia attività di blogger :-)
    E' un bel dipinto (forse un po' strano per Corot?), pieno della malinconia che pervade le cose che passano. Adesso che noi anziani siamo con un piede nella fossa e uno su una saponetta, dovremmo forse trovarci in uno stato d'animo simile a quello del sig.Forsyte (ho notato, con un certa sorpresa, che in questa primavera precoce già da almeno due settimane i merli fischiano allegrissimi e imitano con notevole virtuosismo il canto dell'usignolo, come se nulla fosse). Però il mondo intorno a noi è meno bello - e non è soltanto una questione di censo.
    Buona domenica di reclusione! (ma un giretto col cane lo faccio)

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    1. Ho pensato ( e avvertito ) anche io che la nostra reclusione ha portato in primo piano gli altri esseri che normalmente sembrano invisibili...

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  2. P.S. Come va la didattica a distanza? Per me è faticosissima...

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    1. Sono stanchissima. Sono davanti al pc di continuo per le video lezioni e per la correzione dei compiti svolti nelle aule virtuali. Sto trascurando tutto il resto, blog compreso ( mi sono accorta, rileggendo, di aver seminato refusi a iosa in questo post )
      L'unico aspetto positivo ( ma fino a un certo punto ) di questo impegno totalizzante è che non ho il tempo di pensare a quello che sta succedendo.
      :-)

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  3. Grande pittore Corot, ha fatto epoca. I merli qui da noi a Milano gironzolano ovunque, fischiettano anche qui allegri visto che per strada girano poche auto. Poi arrivano nel nostro ballatoio, infilano il becco nel terriccio delle piante alla ricerca di qualcosa da mangiare (veremtti, lombrichi e altro). Presa questa abitudine tornano sempre a visitarci...
    Un salutone e alla prossima

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    1. Mi chiedo se le possibilità di nutrirsi per gli uccelli si siano ridotte: la classica buccia di banana lasciata a terra, il gelato caduto di mano, il companatico uscito dal panino... Da questo punto di vista, gli uccellini ( e i gabbiani assassini di Amfortas :-) forse avvertiranno la nostra assenza.

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  4. Credo anch'io che l'Orfeo in questioen sia quello di Gluck, compositore che peraltro - sia detto col massimo rispetto - trovo noiosissimo, con l'eccezione di Alceste.
    Dico la mia anche sui merli: oggi in giardino erano stranamente confidenti, tanto che ho rimpianto di non essermi portato dietro la reflex. Stagione degli amori? Boh. Io come Sharpless non ho studiato ornitologia.
    Buon proseguimento a tutti, Paolo

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  5. Come ho scritto sopra, forse i merli avvertono la nostra mancanza... quel po' che può indurli ad avvicinarsi:-)
    Sì, peccato tu non abbia avuto la reflex con te!

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