Al colmo della gloria Pio II Piccolomini, il papa senese, volle che una città ideale, Pienza, sostituisse il suo villaggio nativo di Corsignano. Nei palazzi e nel duomo di Pienza s'incarnò il nitore, l'ordine mentale per cui Georg Voigt nel 1859 doveva escogitare il nome di "umanesimo". Quelle architetture espongono il sogno di una Chiesa conciliata al paganesimo, alla cui testa un pontefice rivaleggi con il re filosofo vagheggiato da Platone. Non figura Platone tra le statue che gremiscono la facciata del duomo di Siena, nella cui navata non si è forse accolti dal "ritratto" di Ermete Trismegisto? Quanto remoto da tutto ciò parrebbe la vecchia barbarica Corsignano! Ne rimane intatto, sotto il colle di Pienza, celata nel verde, la pieve del secolo XI, sulla quale furono scolpite rudi grottesche, i cui intenti sembrano agli antipodi della soprastante serenità umanistica. Questa è tuttavia una falsa impressione.
A lungo si sosta dinanzi alla pieve nel
solitario silenzioso albereto che un fontanile rallegra, meditando
sul bassorilievo dell'architrave sopra l'ingresso principale, e via
via che si contempla la distanza fra le idee scalpellate su questo
tufo rustico e quelle altre espresse lassù nel costone nel chiaro
travertino romano si viene stranamente, a mano a mano, restringendo
fino a scomparire.
Al centro dell'architrave una sirena
impugna le proprie pinne divaricate, ostentando l'inguine bene
inciso, come dicesse che varcando la soglia del tempio si entra, si
torna, nel suo grembo.
Figure di donna che mostrano il sesso
sono comuni nelle chiese arcaiche d'Irlanda; una sovrasta l'ingresso
della chiesa di Leighmore. Lo stesso spirito fece scolpire una
ragazza che ostentava l'inguine sopra Porta Tosa a Milano; buttava in
faccia ai pellegrini la sua promessa, il suo vanto di fertilità, e
in mano stringeva una daga e una serpe. Minacciava di punta i
fantasmi della morte e della sterilità, teneva in pugno il simbolo
del rinnovamento e della medicina.
A Corsignano a mostrare il grembo è
una sirena, che nel romanico impersona il potere vivifico delle acque
irrigue: il suo "dolce canto" è il loro murmure
sotterraneo che fa germinare. Non è più la sirena greca, dal corpo
di uccello, semmai somiglia alle Nereidi o alle Scille dei sarcofaghi
etruschi; di fatto è identica, per forma e
funzione, alle fanciulle-pesce che in India impersonano gli umori del
sottosuolo, sicché sposandole in sogno un conquistatore può
diventare legittimo signore della terra sottomessa. Tante dinastie,
dall‘Indo al golfo del Tonchino, al mar della Sonda, si appellano a
questo sogno per legittimarsi, e altrettanto fecero in Europa le case
regnanti che vantarono le nozze del capostipite con la sirena
Melusina. I lapicidi romanici soltanto in forma di sirena potevano
configurarsi la "creatura aquae a cui il sacerdote ritualmente
si rivolgeva nel benedire, primo atto nella consacrazione d'una chiesa,
l‘acquasantiera.
La sirena bifida non è sola
sull'architrave. Alla sua sinistra un'altra sirena suona una ribeca
mentre un drago le pigia le fauci aperte sull'orecchio, come
dardeggiandovi la lingua. (...)
(Elemire Zolla su Corsignano e Pienza, dal Corriere della Sera 21 settembre 1987)
(pubblicato nel volume "Verità segrete esposte in evidenza", ed. Marsilio)
(Elemire Zolla su Corsignano e Pienza, dal Corriere della Sera 21 settembre 1987)
(pubblicato nel volume "Verità segrete esposte in evidenza", ed. Marsilio)
Pienza... quanto l'ho adorata!
RispondiEliminaL'ho conosciuta per caso, di passaggio in quella provincia durante un viaggio di ritorno dall'Emilia, e mi ha lasciato senza fiato.
io invece non ci sono mai stato, e mi dispiace; però dopo aver letto Zolla mi sono interessato al romanico, è stata una bella sorpresa. Per esempio, qui a Como c'è Sant'Abbondio. Il problema con il romanico è che difficilmente arriva integro fino a noi, molte delle figure come quelle di Corsignano sono state scalpellate via perché ritenute oscene.
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