Bahia, Brasile, 1838
(...) Questi sono gli elementi del
paesaggio, ma è un tentativo senza speranza quello di descrivere
l’effetto generale. Dotti naturalisti descrivono questi spettacoli
dei tropici nominando una quantità di oggetti ed enumerando qualche
loro particolare caratteristico. Per un dotto viaggiatore ciò può
forse dare qualche idea definita, ma chi, vedendo una pianta in un
erbario, può immaginare il suo aspetto quando cresce sul suo terreno
nativo? Chi, vedendo delle piante in una serra, può ingrandirne
alcune fino alle dimensioni degli alberi nella foresta e ammucchiarne
altre in una giungla intricata? Chi, guardando nello studio di un
entomologo le brillanti farfalle esotiche e le singolari cicale,
assocerà a questi oggetti senza vita l'incessante musica di queste
ultime e il volo pigro delle prime, costanti ornamenti del meriggio
tranquillo e ardente dei tropici? E' quando il sole ha raggiunto la
sua altezza maggiore che si devono vedere tali spettacoli; allora il
denso e splendido fogliame del mango nasconde il terreno con la sua
ombra più scura, mentre i rami superiori sono del verde più
brillante per la profusione della luce. Nelle zone temperate il caso
è diverso; qui la vegetazione non è così scura o così ricca e
perciò i raggi del sole declinante, tinti di rosso, di porpora o di
giallo brillante, accrescono la bellezza di quei climi.
Mentre camminavo tranquillamente lungo
i sentieri ombrosi e ammiravo ogni panorama che si susseguiva,
desideravo trovare parole capaci di esprimere le mie idee. Qualsiasi
aggettivo mi sembrava troppo debole per dare a quelli che non hanno
visto le regioni intertropicali la sensazione di delizia che prova la
mente. Ho detto che le piante in una serra non danno una giusta idea
della vegetazione, ma devo ricorrere a questo paragone. La terra è
una grande, selvaggia, disordinata e lussureggiante serra, fatta
dalla natura stessa, ma della quale si é impossessato l’uomo, che
l'ha riempita di case allegre e di giardini ordinati. Come sarebbe
grande il desiderio di ogni ammiratore della natura di vedere, se
fosse possibile, il paesaggio di un altro pianeta! Eppure si può
dire con verità a ogni persona in Europa che soltanto alla distanza
di pochi gradi dalla sua terra natale gli splendori di un altro mondo
sono aperti per lui. Durante la mia ultima passeggiata mi fermavo
ogni tanto ad ammirare quelle bellezze e mi forzavo di fissare nella
mia mente per sempre un'impressione che sapevo che col tempo, prima o
poi, sarebbe svanita. Le forme dell'arancio, della palma, del cocco,
della felce arborea e del banano resteranno nitide e distinte; le
mille bellezze che le fondono in uno scenario perfetto svaniranno, ma
lasceranno, come un racconto udito nella fanciullezza, un quadro
pieno di figure indistinte, ma bellissime.
Io quasi quasi venero Darwin. Di certo fu un grande genio.
RispondiEliminaE' una pagina molto bella, e molto profonda. Darwin era prima di tutto un osservatore molto attento della realtà, i suoi scritti sono un continuo rimando alla verità del Creato, se mi passi la semplificazione. Forse è questo che i creazionisti non gli perdonano, l'essere stato un osservatore così attento. E a me dispiace sempre molto leggere le semplificazioni brutali dei suoi scritti, non solo dei creazionisti ma anche di chi lo riduce a dottrina filosofica o politica (no, Darwin è uno scienziato che osserva la realtà, non ragiona mai in astratto ma sempre basandosi sui fatti reali) ("il darwinismo sociale" e fesserie simili...)
RispondiEliminaIo sono un ammiratore di Linneo prima che di Darwin, ma trovare gli scritti di Linneo non è facile (è da specialisti). Invece Darwin si legge sempre con molto piacere, ha una bella mano di scrittore.