giovedì 31 agosto 2017

Bahia, Brasile


Bahia, Brasile, 1838
(...) Questi sono gli elementi del paesaggio, ma è un tentativo senza speranza quello di descrivere l’effetto generale. Dotti naturalisti descrivono questi spettacoli dei tropici nominando una quantità di oggetti ed enumerando qualche loro particolare caratteristico. Per un dotto viaggiatore ciò può forse dare qualche idea definita, ma chi, vedendo una pianta in un erbario, può immaginare il suo aspetto quando cresce sul suo terreno nativo? Chi, vedendo delle piante in una serra, può ingrandirne alcune fino alle dimensioni degli alberi nella foresta e ammucchiarne altre in una giungla intricata? Chi, guardando nello studio di un entomologo le brillanti farfalle esotiche e le singolari cicale, assocerà a questi oggetti senza vita l'incessante musica di queste ultime e il volo pigro delle prime, costanti ornamenti del meriggio tranquillo e ardente dei tropici? E' quando il sole ha raggiunto la sua altezza maggiore che si devono vedere tali spettacoli; allora il denso e splendido fogliame del mango nasconde il terreno con la sua ombra più scura, mentre i rami superiori sono del verde più brillante per la profusione della luce. Nelle zone temperate il caso è diverso; qui la vegetazione non è così scura o così ricca e perciò i raggi del sole declinante, tinti di rosso, di porpora o di giallo brillante, accrescono la bellezza di quei climi.
Mentre camminavo tranquillamente lungo i sentieri ombrosi e ammiravo ogni panorama che si susseguiva, desideravo trovare parole capaci di esprimere le mie idee. Qualsiasi aggettivo mi sembrava troppo debole per dare a quelli che non hanno visto le regioni intertropicali la sensazione di delizia che prova la mente. Ho detto che le piante in una serra non danno una giusta idea della vegetazione, ma devo ricorrere a questo paragone. La terra è una grande, selvaggia, disordinata e lussureggiante serra, fatta dalla natura stessa, ma della quale si é impossessato l’uomo, che l'ha riempita di case allegre e di giardini ordinati. Come sarebbe grande il desiderio di ogni ammiratore della natura di vedere, se fosse possibile, il paesaggio di un altro pianeta! Eppure si può dire con verità a ogni persona in Europa che soltanto alla distanza di pochi gradi dalla sua terra natale gli splendori di un altro mondo sono aperti per lui. Durante la mia ultima passeggiata mi fermavo ogni tanto ad ammirare quelle bellezze e mi forzavo di fissare nella mia mente per sempre un'impressione che sapevo che col tempo, prima o poi, sarebbe svanita. Le forme dell'arancio, della palma, del cocco, della felce arborea e del banano resteranno nitide e distinte; le mille bellezze che le fondono in uno scenario perfetto svaniranno, ma lasceranno, come un racconto udito nella fanciullezza, un quadro pieno di figure indistinte, ma bellissime.
(Charles Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pag.607 ed. Giunti 2002, traduzione di Mario Magistretti)


(il dipinto di Henri Rousseau è del 1907, l'immagine di Darwin viene dal sito "Projeto Darwin na Bahia")



2 commenti:

  1. Io quasi quasi venero Darwin. Di certo fu un grande genio.

    RispondiElimina
  2. E' una pagina molto bella, e molto profonda. Darwin era prima di tutto un osservatore molto attento della realtà, i suoi scritti sono un continuo rimando alla verità del Creato, se mi passi la semplificazione. Forse è questo che i creazionisti non gli perdonano, l'essere stato un osservatore così attento. E a me dispiace sempre molto leggere le semplificazioni brutali dei suoi scritti, non solo dei creazionisti ma anche di chi lo riduce a dottrina filosofica o politica (no, Darwin è uno scienziato che osserva la realtà, non ragiona mai in astratto ma sempre basandosi sui fatti reali) ("il darwinismo sociale" e fesserie simili...)
    Io sono un ammiratore di Linneo prima che di Darwin, ma trovare gli scritti di Linneo non è facile (è da specialisti). Invece Darwin si legge sempre con molto piacere, ha una bella mano di scrittore.

    RispondiElimina