Dal blog giulianocinema
sabato, 19 febbraio 2011
fotogramma di "Andrej Rublëv " di Andrej Tarkovskij |
Nel film di Tarkovskij, il monaco quattrocentesco Andrej Rubliov (un personaggio veramente esistito, pittore di icone fra i più grandi) a un certo punto smette di dipingere: gli sono toccati tempi terribili in cui vivere, ha visto troppe violenze, troppi torti sono stati commessi, dipingere non gli è più possibile. In questa decisione, bisogna anche tener conto del principale soggetto dei suoi dipinti: l’aldilà, i Santi, la Madonna con il Bambino, il volto di Cristo. Come è possibile che Dio permetta tutto questo? E’ una domanda che mette in discussione molto più della pittura, anche la Fede stessa.
Tarkovskij ci mostra il pittore mentre getta il colore sul muro bianco della Cattedrale, appena intonacato per gli affreschi; la scena precedente era stata una delle più terribili mai filmate per il cinema, l’accecamento dei pittori, su mandato dei potenti locali. Rubliov non faceva parte di quel gruppo e non ha subito danni nel fisico, ma li conosceva uno per uno e non può certo rimanere indifferente. Quell’affresco, nella Cattedrale di Vladimir, sarà comunque portato a termine; ma poi i Tartari entreranno nella città, porteranno morte e violenza, e passeggeranno con i loro cavalli proprio dentro la cattedrale.
Nel racconto che fa da punto di partenza per il film, e che è stato pubblicato da Garzanti, Andrej Rubliov racconta anche delle donne che ha visto cedere i loro capelli ai tartari: molte di loro sono state costrette, è vero, quasi tutte; ma c’era anche chi non ci trovava nulla di sconveniente.
Continuare, far finta di niente, è una condizione molto umana. Qualcosa di indispensabile, in molti casi: ricordo un reporter di guerra (me ne sono dimenticato il nome, peccato) raccontare di aver percorso un campo di battaglia dopo una battaglia spaventosa, e pensare di aver perso per sempre la voglia di vivere. Eppure, andò avanti; non solo, alla sera scoprì di avere fame, e si trovò a mangiare con gusto. Interrogarsi su queste cose è giusto, ma sappiamo bene che l’istinto di sopravvivenza è qualcosa di forte, superiore anche alla nostra coscienza. Qui però siamo di fronte a qualcosa di diverso, qualcosa che fu ben sintetizzato negli anni ’40 dalla domanda: “si può ancora fare poesia dopo Auschwitz?”.
Si può continuare a dipingere, a fare film, a scrivere romanzi, o magari a tenere un blog, quando intorno a te il mondo mostra il suo volto peggiore?
Però, quando scrivevo su un blog con altre persone (e molto più spesso nella vita di tutti i giorni) mi sono trovato spesso a chiedermi: come è possibile alternare le ricette di cucina o le foto dei nipotini e del cagnolino con un resoconto su una nave di profughi naufragata? Come è possibile far finta di niente e parlare tranquillamente delle vacanze o delle mie canzoni preferite quando abbiamo al governo un partito fondato da un corruttore e da un mafioso (condanne ormai definitive, sette anni di carcere)? Le domande sarebbero molte, molta è la sofferenza che abbiamo accanto a noi. Per conto mio, ho imparato a tacere: nei miei blog avrei voluto mettere cose divertenti, poi mi sono reso conto che non era possibile, poi – dopo – mi sono reso conto che parlare dei temi seri, di attualità, drammatici, dava fastidio.
“Non si può sempre essere seri”, me l’hanno detto tante volte...E ogni volta ho reagito richiudendomi su me stesso, non si può fare diversamente.
Spero che non tornino mai i tempi che sono toccati in sorte ad Andrej Rubliov, o a Primo Levi: ma ogni giorno che passa ci allontaniamo sempre di più da quel 1945, ogni giorno che passa ci sono sempre meno persone che ricordano. La mia generazione è cresciuta mentre i padri, e i nonni, lavoravano per abbattere i confini e prevenire le guerre; oggi si sta facendo il contrario, partiti e movimenti di ispirazione nazionalista e nazifascista sono in continua crescita, la disoccupazione e il precariato regnano sovrane, le devastazioni ambientali (in terra e in mare) hanno raggiunto livelli spaventosi, - che Dio ce la mandi buona, altro non saprei dire.
Bel post su un film che ha fatto storia e sul suo regista così saggio ma anche un po' enigmatico vissuto in un periodo storico, quando esisteva il cosiddetto comunismo reale, che ci sembra così distante. Ma le riflessioni di Giuliano le trovo veramente interessanti.
RispondiEliminaUn salutone e ancora auguri di buon natale, grazie per la tua visita
Penso che tra comunismo reale e Tarkovskij non ci fosse molto dialogo. I film di Tarkovskij sono poesia.
RispondiEliminaGrazie ancora e di nuovo affettuosi auguri!
Un post che fa riflettere...davvero.
RispondiEliminaAuguri, cara Giacinta! :-) Stai bene!
Grazie, Luisella! Ancora auguri a te!
EliminaE'sempre stato un piacere per me seguire Giuliano nelle sue pubblicazioni. Non c'è praticamente niente di ciò che negli anni ho letto che non abbia destato il mio interesse e la mia ammirazione. Anche le considerazioni più amare sono stemperate dal filtro della sua intelligenza e delicatezza.
La distanza fra Tarkovskij e il comunismo reale direi che era quanto meno siderale! Ma lui è stato capace di sormontare quel potere tremendo. Ancora un salutone e alla prossima
RispondiEliminaPensa che Giuliano ha iniziato a tenere un blog di cinema proprio per mettere a posto i suoi appunti sui film di Tarkovskij.
EliminaGrazie! :-)
Cara Giacinta, approfitto anch’io di questo spazio, augurandomi di cuore che tu abbia trascorso un sereno (per quanto possibile) Natale e che queste festività siano liete.
RispondiEliminaContinua a riproporre riflessioni di Giuliano così attuali, nonostante siano state scritte qualche anno fa. Io l’ho letta oggi per la prima volta e mi ha dato molto da pensare.
Non ho mai visto il film, conosco il regista solo di nome (che ignorante!) e mi è venuta voglia di approfondire.
Un abbraccio.
Grazie, Barbara! Sei gentile! Il blog di cinema di Giuliano è il luogo migliore dove andare prima o dopo la visione di un film di Tarkovskij. Andrej Rubliov, per Giuliano, aveva bisogno del grande schermo e di tempo per vederlo e apprezzarlo in tutti i suoi momenti. Giuliano ne ha parlato in più post. Ti rimando lì attraverso i links.
Eliminaqui; qui ; qui ; qui ; qui ; qui
Nel rileggere questo post non posso non riandare a quel periodo in cui ho conosciuto Giuliano proprio attraverso l'amore condiviso per Tarkovskji...
RispondiEliminaDa allora è nata la nostra collaborazione, vincendo tutte le mie resistenze per la rete...
Devo però aggiungere che, dopo una crisi così profonda e la sfiducia che lo prende per l'uomo in preda alla violenza,tanto da disperare in un possibile riscatto e da rinunciare a dipingere, Andrej Rubliov riprende il suo lavoro dopo l'episodio della fusione della campana...
E' un punto di svolta e, una volta elaborata la crisi e la delusione, è proprio la fede e l'energia creativa del ragazzo nel portare avanti l'opera, che commuove Rubliov e lo spinge a rimettersi in contatto con la propria anima e quindi con la Speranza. L'uomo ha comunque sempre bisogno della Bellezza dell'arte e dei suoi simboli. Simbolo è infatti ciò che "tiene insieme", che ricollega cielo e terra, e proprio quando tutto sembra oscurarsi, se ne ha più bisogno.
Scusa la lunghezza, ma mi sembra importante andare verso il ritorno della Luce...
Sì, hai fatto bene a intervenire ricordando che Andrej Rubliov è commosso dall'opera svolta dal ragazzo e da chi lo coadiuva. Ricordo ancora le sequenze e la determinazione e la fede disperata ( contraddizione di termini ) che portano il ragazzo a completare il titanico lavoro di costruzione dell'enorme campana. Sì, la bellezza arriva e redime se è autentica! Bisognerebbe non smarrire la speranza, anche quando le brutture del mondo la oscurano. Bisognerebbe soprattutto non sentirsi soli a difendere e apprezzare la bellezza.
RispondiEliminaHo visto Andrej Rubliov molti anni fa (veramente molti!), in Germania, in occasione di una rassegna di Tarkovskij che mi aveva conquistato. Recentemente ho rivisto Solaris (in DVD), versione originale non tagliata, un po' sincronizzato un po' no; dalla qualità tecnica complessiva ho avuto l'impressione che in Italia la cultura formattata di sinistra non avesse un gran interesse a far fare bella figura a Tarkovskij.
RispondiEliminaMa credo che quarant'anni fa fossimo diversi anche noi: più disposti alla lentezza e alla riflessione; meno impazienti.
Di Andrej Rubliov ricordo poco, ma la campana sì; e mi sembra di vedere adesso la scena dove, dopo la fusione riuscita, il ragazzo si mette a piangere per il rilassamento della tensione e dice che suo padre non gli aveva confidato proprio nessun segreto sulla composizione della lega, che il segreto se lo era portato nella tomba. Mi era sembrata una scena sublime. O me la sono inventata? Potrebbe anche essere...
Conservi un ricordo ancora nitido sebbene sia passato del tempo. Ti lascio qui il link del post di Giuliano sulla fusione della campana in Andrej Rubliov. Ritroverai anche dei fotogrammi del film che, quando lo vidi, mi fece una grande impressione. E'un film di grande realismo a tratti insostenibile, tale è l'impressione di essere nei vivo della situazione e di "sentire" ciò che i personaggi avvertono.
RispondiEliminaAnche su Solaris in giulianocinema ci sono post bellissimi. Se ti va di guardarli, inserisci nel motore di ricerca del blog "solaris".
Grazie, Elena! :-)
Non conoscevo il film, ma ho apprezzato il significato che ci hai trasmesso. Come si può continuare a vivere in un mondo pieno di contraddizioni? In realtà la risposta è semplice: facendosi tagliare i capelli o accecare, per non rappresentarlo. Oppure provare a superare ogni barriera e raccontare l'orrore che sempre contiene una scintilla da cui ripartire. Un caro saluto e congratulazioni per la tua segnalazione al Chaplin Award
RispondiEliminaGrazie, Elena e benvenuta! Il post è di Giuliano il carissimo amico scomparso il 27 novembre e quindi il merito va a lui. Giuliano aveva più blog; il post segnalato da Luz è stato pubblicato su giulianocina.blogspot. Giuliano e io condividevamo questo blog. Dopo la sua scomparsa, pubblico qualcosa di suo per sentirlo ancora vivo e per divulgare le bellissime cose che ha scritto.
RispondiEliminaCiao Giacinta, grazie per il chiarimento. Non avendo conosciuto né lui né il suo blog prima, sento ora di aver perso qualcosa. trovo il gesto che hai fatto nei confronti suoi e della sua scrittura sia generoso e dolcissimo. Mando a tutte e tutti coloro che gli volevano bene un grande abbraccio
RispondiEliminaTi lascio qui il link del blog di Giuliano dedicato al cinema e ti ringrazio ancora per la tua partecipazione affettuosa e la tua sensibilità.
RispondiEliminaCara Giacinta, ho letto questo articolo di Giuliano per merito del Chaplin Award. Sono molto contenta che tu l'abbia riproposto, anche perché nel 2011 non avevo ancora aperto il blog. Penso di aver visto soltanto un film di Tarkovskij. Per quanto riguarda il tema del film, anche nei momenti più terribili si trova la forza di andare avanti giorno per giorno, ed è una fortuna che non si riesca a scorgere con certezza il futuro altrimenti non si riuscirebbe a sostenere altre distruzioni.
RispondiEliminaRicorderò sempre Giuliano anche attraverso questi suoi articoli, spero anch'io di lasciare un buon ricordo quando verrà il mio momento. Un abbraccio caro e a presto. <3
Grazie, Cristina, sei molto cara. E' difficile sostenere l'idea della perdita di un amico colto, acuto e gentile. Mi aiuta molto continuare a leggere ciò che ha scritto. E' molto più semplice per chi scrive intrattenere un dialogo intimo con i lettori, anche quando la presenza fisica non può esserci più. Voi autori avete questa possibilità, certo!
RispondiEliminaGiuliano ha dedicato moltissimi scritti ai film di Tarkovskij, sono nel suo blog,giulianocinema, ed è un'esperienza piacevolissima leggerli. Un caro saluto!